Per me, forse anche per altri, specie se demodè, la terma (così detta affettuosamente dalle amiche intime) significava Monticelli, ovvero inalazioni, polverizzazioni e mascherine, tuttalpiù quando sentivo parlare di idromassaggi e piscine termali pensavo fosse un vano tentativo di nascondere una completa inattività dedicata interamente al sobbolire vigliaccamente in vasche maleodoranti sperando in effetti miracolosi nonché improbabili stile Cocoon.
Ma quanto mi sbagliavo.
E voi (quelli che la pensano all stesso modo), anche voi vi sbagliate di parecchio.
Le prime avvisaglie di come la terma fosse in realtà un godimento estremo le aveva date la nostra cara Savi (è un pseudonimo, per salvaguardare la sua preziosa privacy), una delle donne più sagge che abbia mai avuto la fortuna di conoscere, quando ci parlava di luoghi ameni dispersi nei monti che scavallano tra Bologna e Firenze, alberghetti situati in luoghi dal nome ambiguo tipo “Porretta Terme” (che però, a parer mio, di invitante non aveva neanche il binario del piazzale ovest della stazione di Bologna da cui il treno che partiva sembrava incamminarsi, tristemente consapevole del suo destino, verso il Caron dagli occhi di bragia della situazione) o nel padovano, tipo Abano o Montegrotto. E tanti altri.
E noi ad ascoltare incredule i suoi racconti di riposo assoluto, idromassaggi rilassanti, omaccioni (e donnone… brrrrrr) con mani enormi pronti a spapuzzarti in ogni momento, luogo e posizione, cenette del tipo che le pensioni di Riccione te le scordi, colazioni con ogni ben di dio e chi più ne ha più ne metta.
Insomma, mentre raccontava annuivo sorridendo, invidiandola perché doveva senz’altro aver fumato della roba buona.
Il tutto diventava un po’ più accettabile (ma sempre in-credibile) quando parlava dei prezzi e di certi “trattamenti”.
Vogliamo parlare dell’idrocolonterapia?!
La cosa aveva dell’inverosimile: una volta ci ha portato a mo’ di souvenir un depliant di questa allegra pratica, con dettagliate descrizioni di ogni passaggio e le opzioni tra cui scegliere la variante perfetta per noi (una specie di menù), inclusa la profumazione per il liquido da utilizzare… no dico, come la vedi l’acquetta giallina che fuoriesce con un invidiabile aroma alla rosa canina?!
Ma tralasciamo la fantascienza (anche perché se serve per carità, ma quando uno lo fa e se ne vanta pure…) e torniamo a me, a Catez, in campeggio, praticamente le terme più economiche al mondo.
E per fortuna! Perché se queste sono quelle economiche, la versione lusso com’é? E Porretta dove mi si colloca nella graduatoria? Eh, Savi?
L’unica nota stonata, se vogliamo essere proprio antipatici, è l’arredo.
Non so se è il (cattivo) gusto sloveno in generale o solo di questo stabilimento, ma tra una bolla e l’altra quando apro gli occhi (giusto per verificare di non stare sognando) mi si ferma un attimo il corazon perché riuscire ad ammassare tanta roba così brutta tutta insieme ha dell’incredibile.
Prova a pensare: una grande, grandissima piscina (ovviamente termale, ovviamente calda, ovviamente splendida), con al centro una gigantesca finta-pianta (ho scoperto dopo essere un finto-baobab), un’accozzaglia di finte-rocce con finte-cascatelle e incrostazioni di finti-licheni (tranqui, li ritroverai al buffet… non mi sono dimenticata di nessuno), un finto-canale che si anima di quando in quando con una finta-corrente sommersa trascinando quei poveri sventurati che in quel momento passano di lì per raggiungere i lettini-idromassaggio poco più avanti, qualche vasca finta-laguna con acque bollenti e tante, tante finte-palme disseminate un po’ ovunque.
Il tutto arricchito da un alto finto-faro (7 metri, giuro) a strisce bianche e rosse e una specie di vulcano sottomarino (sempre finto) all’interno di una finta-grotta.
Il momento clou è quando nell’aere si levano le sinistre grida di gabbiani e pappagalli (risultato del paesaggio marino + tropicale), tuona qualche fulmine e dal finto-baobab inizia a piovere acqua veramente-fredda.
Insomma, il trionfo del kitsch.
E i turisti ne vanno matti: si buttano giubilanti tra i flutti delle cascate in miniatura, sguazzano con sorriso ebete nella laguna, come tartarughe sul guscio seguono la corrente striminzita, pazzi di un’incredula gioia bevono la pioggia posticcia e si rivoltano con fatica in quello scherzo di vulcano.
Io, ovviamente, sono l’apripista.
Comunque.
Credo che ora andrò.
Sono quasi le 17 e si avvicina il momento della giornata che preferisco: l’acquagym.
Vedo infatti che si stanno radunando, con calma, i ragazzi del diurno, che la saggia Savi definirebbe* “Gruppo Regione Piemonte” in pellegrinaggio alla chiesa più vicina per l’ennesimo miracolo – vendita di pentole inclusa – poi disgraziatamente dirottati alle terme con la dubbia motivazione di un non meglio precisato ritorno in benessere.
Dei miei amici però lascio una foto, che si son proprio guadagnati il diritto ad un poco di notorietà.
Prego di contemplarla in rispettoso silenzio; al massimo concedo in sottofondo la lezione di acquagym dei Conigli (e se non conosci l’acquagym di Radio2 non ti meriti di leggere questo blog).
* questa citazione, come molte altre (tipo quella sui Galletti), sono relative a fatti condivisi da una massimo due persone, quindi incomprensibili ai più, ma non posso farne a meno perché è come un piccolo omaggio alla persona con cui ho condiviso quella cosa, anche se piccola, anche se futile; è solo un altro modo per dire “ti voglio bene”.
Voglio che in questo blog ci siano anche le persone a noi care, in un qualche modo, perché fate tutti parte di noi e della nostra storia.
(ammazza quanto sono sdolcinata… speriamo sia la primavera, o mi sciolgo in lacrime prima di giugno)